NOI GLI EROI
di Jean-Luc Lagarce
CREAZIONE 2026
DEBUTTO DAL 10 AL 15 MARZO 2026 TEATRO FABBRICONE - PRATO
Traduzione Margherita Laera
Adattamento Margherita Laera e Giorgia Cerruti
Regia Giorgia Cerruti
Assistente alla regia Francesca Ziggiotti
Con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Anna Gualdo
Letizia Russo, Fabrizio Costella, Giorgia Cerruti
Visual concept – Light Design Lucio Diana
Sound-design – fonica Luca Martone
Costumi Giorgia Cerruti e Daniela Rostirolla
Realizzazione costumi Daniela Rostirolla
Tecnico Luci Francesco Venturino
Consulente alla produzione Angelo Pastore
Organizzazione Emanuela Faiazza
Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia
Una produzione Teatro Metastasio di Prato
in coproduzione con TSV - Teatro Nazionale e CTB - Centro Teatrale Bresciano
Nella sua breve vita, Jean-Luc Lagarce (1957-1995) non è riuscito a veder rappresentata nessuna delle sue opere e, come spesso accade, la sua grandezza è stata riconosciuta solo postuma. Dopo la sua prematura scomparsa, colpito dall’AIDS, è oggi il secondo autore più rappresentato in Francia dopo Molière.
NOI GLI EROI esiste in due versioni: la prima versione manoscritta è del 1993 (pubblicata nel 1995); la seconda è del 1995 (pubblicata nel 1997) e nasce mentre l’autore è in tournée nei teatri di provincia con la sua Compagnia “La Roulotte” con il Malato Immaginario di Molière. La caratteristica di questa seconda stesura è l’assenza del personaggio del padre, dovuta alla mancanza di un attore adatto a interpretare il ruolo all’interno del nucleo stabile della sua troupe.
«Scrivo per coloro che recitano. Non per il teatro in astratto, ma per chi conosco, per quelli che amo”.
Non è un dettaglio sentimentale, ma un tratto significativo della sua figura di teatrante, scrittore, capocomico, regista, organizzatore di Compagnia e spesso attore…proprio come Molière! E come Molière, Lagarce abita un corpo malato e recupera nell’esperienza del teatro il senso tragico dell’esistenza, dando voce a chi è ai margini: malati, esclusi, falliti, silenziosi, queer.
Anti-eroi della vita, di cui NOI GLI EROI rappresenta la sintesi più tenera e inaspettata: Lagarce identifica negli attori i veri freaks del terzo millennio, i mostri, regalandoci un quadro intimista ed epico allo stesso tempo.
L’opera attinge molti personaggi e citazioni ai Diari di Franz Kafka ma la storia è originale: dopo la fine di uno spettacolo, una famiglia di attori girovaghi è alle prese con le difficoltà della politica culturale di provincia di una non meglio precisata Europa in tempo di guerra. E intanto continua a recitare la propria vita tra solitudini, desideri, meschinità, utopie. Sono persone stanche, esauste, nel dubbio se provare a rinnovare il repertorio o rinunciare all'impresa, oppure andare in città più grandi per ricominciare una vita in solitudine, senza la compagnia. Ma questa sera festeggiano un avvenimento importante: la figlia dei capo-comici si sposa con l’attore giovane e diventeranno loro i responsabili della compagnia e del repertorio…dovranno affrontare le incertezze della sussistenza, la loro stessa micro-società dove si riproducono gerarchie e sopraffazioni, l’indifferenza del pubblico, la prepotenza dei gestori delle sale, l’ignoranza violenta delle istituzioni, il desiderio di lasciare una traccia del proprio passaggio…
Esseri smarriti, esiliati, spossati, al limite della sopravvivenza e consapevoli di questo, ma altrettanto capaci di proiettare pensiero e poesia nella freddezza generale. Umorismo e malinconia si uniscono formalmente ad una scrittura che scarta la via diretta del realismo. Non l’ennesima pièce di “teatro nel teatro” ma un’opera universale e vitalissima sullo spettro della vecchiaia, della morte, della guerra che distrugge e ruota attorno a noi, non così lontano da noi.
Così NOI GLI EROI si concede a noi come un esperimento per parlare d’altro, per segnalare che il fallimento è forse inevitabile ma era evitabile: “Noi non abbiamo cominciato, non abbiamo detto 'cominciamo', e poi è stato troppo tardi”.
NOI GLI EROI non è solo una rappresentazione di attori che non riescono a mettere in scena uno spettacolo, ma diventa una sorta di “memoriale della perdita”. I personaggi sono immersi in un presente sospeso, che si nutre di ricordi frammentati e di una memoria che non riesce a fissare un passato stabile né a proiettarsi in un futuro. In questa dinamica c’è un profondo senso di discontinuità temporale, che riflette l’esperienza esistenziale di Lagarce, segnata dalla malattia e dalla consapevolezza della morte imminente.
Immagino un lungo funerale senza corpo, una tragedia sospesa tra frizzi e lazzi, dove i discorsi e le parole sostituiscono la presa di coscienza: il morto è da sotterrare e poi lasciar andare per passare a costruire altro. Ma la memoria è incerta, il tempo si sfalda, la paura dell’oblio rende tutti più deboli e in questa situazione i regimi trovano crepe in cui inserirsi con agio e prepotenza. La forza tragica non è il destino ma l’inazione degli uomini. E questa inazione è una forma di perdita radicale, non solo dell’evento teatrale, ma della possibilità stessa di vivere pienamente. Anche questa nostra vita è un teatro che non va mai in scena.
Lo spettacolo che non si realizzerà mai è proprio "Noi, gli eroi" stesso. L’arte ha fallito come strumento per dare senso al mondo?
NOI GLI EROI vive in quel “noi” che contiene dentro la forza delle unità: è l’esperienza universale e personale della perdita, che trasforma il teatro in un luogo fragile di testimonianza e memoria.
E gli eroi sono lì sul palco, a metà tra Achille e Superman: apparentemente invulnerabili, capaci di volare, dotati di vista ai raggi X, super-udito, super-soffio… eppure talmente delicati da morire se una pietra di Kryptonite li sfiora…
Giorgia Cerruti
