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CENCI

rinascimento contemporaneo

Creazione 2024

Progetto Vulneabili 22.24


Scrittura drammaturgica a cura di Giorgia Cerruti 

Suggestioni da Shelley, Artaud, Stendhal, Dumas, Camus, Mary Shelley, Neige Sinno, Virginie Despentes

e dagli atti del processo contro Beatrice Cenci

Ringraziamo Michele Di Mauro per l'utilizzo rimasticato di un suo scritto poetico

Regia Giorgia Cerruti

Regista assistente | Alessia Donadio

Con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Francesca Ziggiotti, Giorgia Cerruti

Visual Concept e Disegno luci | Lucio Diana

Maschere | Lucio Diana, Adriana Zamboni

Sound design, fonica, tavolo sonoro | Guglielmo Diana
Tecnico luci | Francesco Venturino

Costumista | Serena Trevisi Marceddu

Realizzazione costumi | Daniela Rostirolla

Danza storica | Monica Rosolen
Organizzazione | Emanuela Faiazza

 

Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia, in coproduzione con Teatro Nazionale di Torino, CTB Centro Teatrale Bresciano, Sardegna Teatro, Scarti-Centro di Produzione, con il sostegno di Teatro Akropolis, in collaborazione con I.I.C. Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia e Fundacja Teatr Wschodni/Lublino / Boarding Pass Plus Project.

 

DEBUTTO

15>16 ottobre 2024

CENCI | Rinascimento Contemporaneo

debutto Festival delle Colline Torinesi - Teatro Gobetti, Torino

17>20 ottobre 2024

CENCI | Rinascimento Contemporaneo

Teatro Nazionale di Torino - Teatro Gobetti

“Il corpo umano è un campo di battaglia dove sarebbe bene che noi ritornassimo.
C’è ora il nulla, ora la morte, ora la putrefazione, ora la resurrezione.”
ANTONIN ARTAUD

L’OPERA ORIGINARIA

I CENCI è una tragedia in versi di Percy Bysshe Shelley, scritta durante una permanenza in Italia nell'estate del 1819. L'opera, ambientata nella Roma del 1599, drammatizza un manoscritto trovato dall’autore negli archivi del Palazzo Cenci di Roma. In esso sono riportati i terribili avvenimenti che arrivarono a estinguere una delle famiglie più nobili della città durante il pontificato di papa Clemente VIII. Nel 1935 Antonin Artaud riprende la vicenda e ne estrae un feroce dramma, un manifesto del suo “teatro della crudeltà”.

La storia racconta di Beatrice Cenci, eroina moderna capace di coraggio e determinazione, che subisce per tutta la sua breve vita gli abusi e le violenze di un padre tirannico e immorale. Per ottenere la libertà dal padre aguzzino lo fa uccidere, ma lei e i complici vengono scoperti e giustiziati pubblicamente, benché il popolo romano fosse apertamente dalla sua parte. Vittima prima dei soprusi, poi della giustizia.

 

IL PUNTO DI OSSERVAZIONE

“Il nucleo pulsante dell’opera (accomunando entrambe le riscritture di Shelley e Artaud) traccia una linea che arriva a noi intatta in tutta la sua forza, denunciando l’anarchia del male, il sacrilegio come rovescio della religione, la responsabilità personale dell’ingiustizia che si propaga all’intera società, la religione come fondamento – tutt’oggi – dell’edificio sociale del nostro Paese, malato e bisognoso di laicità”. Questo dato di fatto evidenzia un “mancato rinascimento”, specchio nostrano che racconta l’identità italiana ma che abbraccia anche un’identità europea sempre più categorica e dogmatica.

Questo discorso politico si apre in Shelley e Artaud a una dimensione poetica di struggente commozione, capace di scuotere le corde dell’amore e della fratellanza con un linguaggio universale. Vorrei provare a innalzare la storia di questa famiglia rinascimentale italiana a simbolo di vulnerabilità alla violenza contemporanea. Una donna sfida il potere virile e parla all'umanità attuale, rivelando le pieghe più subdole dell’odierno potere imperante.

Il punto di vista registico che vorrei adottare aspira – come sempre negli ultimi lavori – ad una reazione tra il teatro e le altre arti: un dialogo vivo dove la scena è debitrice di visioni e soggettive rubate al cinema (qui immagino atmosfere lynchiane che turbano e disorientano l’ambiente) e alla pittura (Otto Dix) e sempre trova rispondenze acustiche in audaci partiture sonore.

 

Rispetto alla manipolazione dell’opera, credo che vi si debba entrare con la naturalità di un infermiere che si limita a scoprire le piaghe del malato. A tal proposito, mi è rimasta impressa in maniera indelebile la lettera che Shelley scrisse come prefazione della sua opera I Cenci: “Una storia siffatta, se narrata in modo tale da presentare al lettore tutti i sentimenti di coloro che l’hanno un tempo vissuta, le speranze e paure, le certezze e dubbi, le passioni e le convinzioni, vive all’interno e sopra di ciascuno di essi, eppure convergenti tutti verso un terribile epilogo, sarebbe come una luce che illumina alcuni degli abissi più oscuri e impenetrabili del cuore umano (…). Il più alto fine morale a cui si possa aspirare nel più elevato genere drammatico, è insegnare al cuore umano la conoscenza di sé stesso”. P.B.Shelley

 

Questo il compito che auguro al teatro e che auguro a questo nuovo lavoro. 

Per realizzare l’impresa abbiamo costruito un gruppo di lavoro robusto, in primis dal punto di vista attoriale. Un’unione di artisti che ci auguriamo possa smuovere forze audaci, tra elementi stabili della Compagnia e nuovi compagni di lavoro, accomunati da una decennale esperienza nel teatro contemporaneo a livello nazionale.

 

La componente visiva (scene e luci) è curata - come ormai accade da alcuni anni – dal maestro Lucio Diana; il compositore-sound designer Guglielmo Diana è diventato nel tempo un artista stabile dell’ensemble, capace di arricchire la creazione costruendo imponenti e raffinate partiture sonore che “lavorano” con gli attori.

NOTE DI REGIA

“Una storia siffatta, se narrata in modo tale da presentare tutti i sentimenti di coloro che l’hanno un tempo vissuta, le speranze e paure, le certezze e dubbi, le passioni e le convinzioni, vive all’interno e sopra di ciascuno di essi, eppure convergenti tutti verso un terribile epilogo, sarebbe come una luce che illumina alcuni degli abissi più oscuri e impenetrabili del cuore umano (…). Il più alto fine morale a cui si possa aspirare nel più elevato genere drammatico, è insegnare al cuore umano la conoscenza di sé stesso”. Percy Bysshe Shelley.


11 settembre 1599, Roma.  Beatrice Cenci, nobildonna appartenuta a una delle più influenti famiglie rinascimentali dell’epoca, viene giustiziata per parricidio, per essersi difesa dai ripetuti abusi di un padre violento e depravato dopo innumerevoli e ignorate richieste di aiuto. Vittima prima dei soprusi, poi della giustizia. Il processo spacca la città: “aver volontà di togliersi dall’ ingiustizia è delitto o justizia”? Il giorno dell’esecuzione Caravaggio e Artemisia Gentileschi assistono alla decapitazione; quell’immagine si imprime nel loro sguardo, è una discesa ripida nella carne che genera visioni. Quel teatro della crudeltà è oggi per noi un attributo del concetto di verità. Cenci traccia una linea che attraverso i secoli giunge a noi sinistramente intatta nel suo nucleo
primordiale, seppur mascherata dietro civili sembianze. Vi si denuncia l’anarchia del male, la responsabilità personale dell’ingiustizia che si propaga all’intera società, la religione come fondamento e condanna dell’edificio sociale del nostro Paese, così malato e bisognoso di laicità. Siamo spettatori di un “mancato rinascimento” che la storia dei Cenci concede di osservare con dolorosa complicità; uno specchio nostrano che racconta l’identità italiana ma che abbraccia anche un’identità europea sempre più categorica e dogmatica. Beatrice Cenci è oggi il simbolo di una vulnerabilità alla prepotenza del patriarcato imperante e dei modelli androcratici dominanti. Una donna del passato traccia il futuro. In questo nuovo viaggio teatrale siamo accompagnati da un custode, Antonin Artaud, teatrante, poeta, martire e visionario che ci sembra possa sovrapporsi a Beatrice Cenci, per tentare di congiungere arte e vita, corpo naturale e identità, per confondere i limiti, spostarli in avanti di continuo. 

Giorgia Cerruti

DICONO DELLO SPETTACOLO

TEATRO DAMS TORINO_CHIARA CERESOLA 
16 ottobre 2024 Prima nazionale Festival delle Colline Torinesi
[…] Maschere, microfoni e cambi di costume a vista: si sceglie di mostrare la convenzione del gesto teatrale, e funziona. […] Attraverso questa lucida, e ben calibrata, distanza critica, la drammaturgia d’attore sorveglia l’impatto emotivo dei fatti, e delle parole con cui questi sono testimoniati, per tirare fuori un sottotesto che costringe lo spettatore a mettere in discussione ciò che gli viene presentato. Come in Hotel Borges (2023), lo sguardo registico di Giorgia Cerruti, di cui spicca in questo lavoro la forza attoriale, si conferma interessato a porre l’attore nelle condizioni migliori per esprimersi artisticamente, affinché possa far emergere il proprio temperamento e la propria lacerazione.

TEATRO DAMS TORINO_ALESSANDRA LAI
È andato in scena Cenci, il debutto atteso della Piccola Compagnia della Magnolia, che con attenta e rispettosa regia ha saputo restituire una testimonianza sulla storia della famiglia Cenci. […] Ad accompagnarci in questo dramma è la figura di Artaud, interpretato da Davide Giglio che riesce magistralmente a farci arrivare quel teatro della crudeltà. […] Il ritmo dello spettacolo incalza portandoci ad un finale crudo e senza fronzoli. 

TEATRO DAMS TORINO_MARTA CAVALLIERE  
Teatro Gobetti 18 ottobre Torino Festival delle Colline Torinesi
[…] Nella scena finale una maglia con la scritta “Petrify the patriarchy” che raffigura la Medusa di Caravaggio si fa grido di lotta comune al patriarcato. Calano tutte le maschere e Beatrice crolla in un pianto tanto sincero quanto commovente. […] Le emozioni e i sentimenti sono amplificati da un pathos generale nel quale l’oscurità non è solo questione di illuminazione ma prospettiva e visione. 

QUARTA PARETE - MICHELE PECORINO 
Prima nazionale 19 ottobre Teatro Gobetti Torino Festival delle Colline Torinesi
[…] Le influenze del Teatro della Crudeltà di Artaud sono particolarmente evidenti, con una crudeltà che non si limita alla violenza fisica, ma si esprime attraverso un’esperienza teatrale totale, capace di scuotere il pubblico nel profondo. […] La performance di Giglio, con la sua voce modulata e di grande impatto, è uno degli aspetti più interessanti dello spettacolo, capace di donare alla scena una carica impressionante. […] Al suo fianco, Francesca Ziggiotti offre un’interpretazione graffiante, lacerata e nello stesso tempo lacerante. […] È nella parte finale che lo spettacolo trova forse la sua forma più compiuta. Le testimonianze degli atti processuali di Beatrice e degli altri testimoni, enunciate dagli attori in proscenio, diventano un potente dispositivo scenico.

SIPARIO - ROBERTO CANAVESI 
Prima nazionale 21 ottobre Teatro Gobetti Torino Festival delle Colline Torinesi
[…] Se per larga parte dei novanta minuti è il rosso, colore della passione e del sangue, a dominare nei costumi di Serena Trevisi Marceddu e nelle luci di Lucio Diana, nelle maschere dello stesso Diana e di Adriana Zamboni come in alcuni elementi ed oggetti di scena, l’epilogo diventa il trionfo del nero, colore della morte, con gli interpreti di scuro vestiti far rivivere in proscenio le fasi di un processo dal tragico destino già scritto. […] Parola, gesto, immagine e suono diventano in scena personaggi vivi […] un quadro complessivo che parla di un’identità passata non così lontana dalle rappresentazioni del presente, ed ahinoi del tutto aliena da un possibile “Rinascimento contemporaneo”.

PAC - paneacquaculture.net - ENRICO PASTORE 
Prima nazionale 24 ottobre Teatro Gobetti Torino Festival delle Colline Torinesi
[…] Cenci è un’opera crudele e non perché faccia aleggiare tra le scene lo spirito di Antonin Artaud, più volte evocato dal matto Antonino interpretato ottimamente da Davide Giglio, ma perché rappresenta la sempiterna circolarità della violenza familiare che unisce il presente con quel non troppo lontano passato. […] La riscrittura di Giorgia Cerruti, in scena nella parte della matrigna Lucrezia, è sapiente nel creare un mosaico delle fonti. […] La noia esistenziale di Camus, quella che porta Meursault, ne Lo Straniero, a uccidere «per colpa del sole» e quella del romanzo La noia di Moravia danno corpo alle ansie nefaste e distruttive del conte Cenci, interpretato da un inconsueto ma magistrale Francesco Pennacchia; le parole di Virginie Despentes danno voce alle paure di Beatrice, interpretata dall’ottima Francesca Ziggiotti, attrice capace di prestarle un’anima viva, toccante, persino delicata nella tempesta di sentimenti che la attanagliano. Cenci è una prova d’attore estremamente complessa. […] Cenci di Piccola Compagnia della Magnolia è un’opera da vedere assolutamente. E non solo perché un’ottima prova d’attore e una regia curata nei minimi particolari, dal disegno sonoro ai tagli di luce che, come nei dipinti di Caravaggio, fanno emergere la luce dall’oscurità, ai costumi curati ed essenziali da Serena Trevisi Marceddu e Daniela Rostirolla. Cenci ci ricorda come il teatro possa essere un farmaco. 

KRAPP’S LAST POST - DEBORA BENINCASA 
[…] La messa in scena della Piccola Compagnia della Magnolia, che riprende la tragedia ottocentesca di Percy Bysshe Shelley e la riscrittura di Artaud (a cui viene dedicato lo spettacolo), ha evidenti urgenze politiche. È una ricerca sul male, ma anche sulla complicità e il servilismo al potere. […] Il testo è un intreccio potente, con moltissime citazioni: da Artaud (il più presente) a Stendhal, Camus e molti altri. Ma sono inseriti anche rimandi al mondo contemporaneo, soprattutto nel meraviglioso monologo in rima di Beatrice, appena prima di uccidere il padre, scandito piano e diretto al pubblico, in cui la ragazza si spoglia di tutta la sua rabbia. Ai dialoghi si alternano frammenti più poetici, con voce registrata, che si inseriscono nella trama con una delicatezza quasi estraniante. […] Giorgia Cerruti nel personaggio di Lucrezia (moglie di Francesco), perfetta e straziante nella sua ambiguità di vittima e complice.

Dramma.it – Maria Dolores Pesce

[…] In “Cenci”, originale scrittura di Giorgia Cerruti che lo interpreta curando anche la regia, si aggira dunque da subito, in biciclettina con ruote ed in divisa evidentemente simil manicomiale, il molto concreto e materico fantasma di un Antonin Artaud, esplicitamente indicato dalla drammaturga come sua prima ispirazione, fecondata e generata insieme a molte altre […]La messa in scena di Giorgia Cerruti è un richiamo forte a quel nostro sguardo distratto, innanzitutto nel processo di smascheramento che attiva in scena quando i protagonisti apparsi in veneziane maschere colorate, se ne spogliano per mostrare il volto violento, il ghigno della loro funesta aggressività o anche l'umanità del loro sentire. […] In scena, oltre alla Cerruti che non dimentica di essere anche 'attrice' nella parte della matrigna di Beatrice, altri tre attori, tra cui il bravo Davide Giglio che è il 'pazzo' Artaud' e l'ex innamorato di Beatrice diventato Cardinale che la tradisce, capace come di consueto prima di 'sentire' e poi di 'recitare' qualunque personaggio. Con loro, e più che all'altezza, una Francesca Ziggiotti dalle fattezza e dai modi (oltre che dai costumi) 'stranamente' contemporanei e che per questo è una Beatrice Cenci assai convincente, e un Francesco Pennacchia di una violenza mai sopra le righe ma sempre modulata da una dizione e da una mimica che aggancia il senso della parola rendendo questa violenza ancor più agghiacciante.

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PROMO soon

MASCHERE...

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BOZZETTI COSTUMI...

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TAVOLO SONORO...realizzato dal compositore, sound designer fonico Guglielmo Diana

FONDALE DI SCENA
Il fondale di scena è un'elaborazione grafica realizzata dal maestro Lucio Diana, tratta da Artemisia Gentileschi, Caravaggio Merisi, Guido Reni

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